Chi ha sentito parlare Liliana Segre – senatrice a vita e superstite dell’Olocausto – forse avrà notato che, raccontando della sua esperienza ad Auschwitz, la Segre menziona la perdita delle mestruazioni come una delle umiliazioni che le persone nei campi di concentramento dovevano subire.
Le mestruazioni possono scomparire quando si subisce un trauma o si perde peso in modo significativo, due condizioni che accomunavano la totalità delle persone recluse dei campi di concentramento che – quindi – spesso smettevano di mestruare.
Per tante questo fu motivo di angoscia, temevano infatti di essere diventate sterili e di non poter più avere figli neanche una volta uscite dai lager.
Però anche chi aveva ancora le mestruazioni nei campi non aveva vita facile: le condizioni igieniche erano pietose, e senza biancheria o vestiti di ricambio le persone dovevano subire l’umiliazione di rimanere sporche per giorni, nonostante cercassero di arrangiarsi alla meglio con pezzuole di stoffa ricavate dalle “divise” che venivano date alle detenute; questi assorbenti improvvisati venivano regalati, barattati e talvolta rubati.
Ma le mestruazioni hanno rappresentato anche un’ancora di salvezza per alcune recluse: le hanno salvate da stupri o da operazioni chirurgiche e hanno creato un vincolo con le altre prigioniere.
Alcune ragazzine infatti hanno avuto il menarca proprio nei campi di concentramento, e sono state le altre donne – le loro compagne di tragedia – che hanno spiegato loro cosa stesse succedendo e cosa dovevano fare, comportandosi come madri, nonne, sorelle.
Le mestruazioni nei campi di concentramento sono un argomento di cui al momento si è parlato poco ma di cui ci sarebbe ancora molto da dire.
[Fonte: Il Post]